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Tarassaco Teatro

S-FACCIATA!

Boucherie per corpi inanimati e corpi danzanti

La contaminazione tra corpo animato e inanimato segna il mio atto poetico. Indagare questa terra di confine mi consente pluralità, simultaneità, l’esplorazione pratica di ciò che nascondiamo agli altri e a noi stessi.
Si crea in questo sistema duale, tra corpo dell’attrice e corpo del fantoccio, una tensione tra le molteplici sfaccettature del cuore, che costringe ad ammettere la nostra frammentarietà e a ripetere continuamente l’esperienza della mancanza, della perdita, della dipendenza, della nostra infinitezza, ovvero non-finiti, incompleti.

La confusione del corpo(corpo del fantoccio, corpo del manipolatore, corpo d’attore) è frutto di un’intrinseca pluralità indivisibile.
Testimonio l’impossibilità di un soggetto unitario e la tensione verso essere altro da me, infinita approssimazione, ininterrotto percorso di avvicinamento a qualcosa d’altro, “mimesis del possibile” per la configurazione di un nuovo corpo perennemente costruibile.

La pelle si crepa e i confini tra il mio corpo e questi oggetti, miei partner di scena, si fanno fluidi. Un nuovo corpo si crea nella relazione: un corpo in continuo spostamento tra l’attrice e l’oggetto. Condivido il mio corpo con l’oggetto-fantoccio. Questo corpo ibrido vive di un continuo movimento di auto-costruzione e distruzione interna, ribadendo il naturale spostamento d’identità dell’essere umano. Si tratta di rivivere in un lasso di tempo piuttosto breve diverse nascite e morti molto ravvicinate.
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L’impressione è quella di una bambina che gioca sola con i suoi pupazzi nella stanzetta, probabilmente è figli unica. Bene, io mi sento come questa piccina che da la voce a tutti i sui pupazzi, di uno ne prende le sembianze, poi si distacca e ci parla un po’ a tu per tu, prende il corpo d’un altro, poi c’è ancora qualcun altro che arriva e così via…
La mia preoccupazione era di avere a che fare con l’inesistente, fino al momento in cui ho realizzato, invece, di giocare con l’invisibile.
Questi esseri rivelano una vita che fino a quel momento non era manifesta. Punto di passaggio tra il visibile e l’invisibile, esprimono e conservano l’invisibile e ci volgono per un attimo cuore e sguardo verso questa direzione da cui provengono. Rinviano alla dimensione magica di Altrove.
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Un archetipo che appare, entra ed esce dal nostro orizzonte di portata, lasciandoci indovinare l’invisibile da cui viene.
Un doppio tempo: quello presente dell’apparizione e quello eterno dell’archetipo. In questo gioco di mediazione tra il tempo mitico e il tempo storico, sigillo l’unione tra l’anima e la carne.
Cerco con brama un collegamento tra la realtà materiale del corpo e la sua realtà fantastica. In tal senso indago la relazione e commistione tra il teatro di figura e il corpo danzante. Concedo il mio corpo a queste creature che di volta in volta me lo restituiscono intriso di nuova anima, deformato, allungato...
I due codici, quello della danza e quello delle marionette, viaggiano variabilmente sulla stessa strada o su strade parallele, ma sempre, entrambi, lungo le vie che lasciano al corpo lo spazio d’incertezza che gli è proprio ed in questa zona liminale alterano il tempo ordinario.
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